Guido Gozzano Vs Louis-Ferdinand Cèline


Inauguro il primo post non relativo a qualche mia produzione su questo sito con quella che ritengo essere un’interessante analogia tra due autori, contemporanei ma sicuramente molto diversi tra loro come il romanziere francese Louis-Ferdinand Cèline ed il poeta italiano Guido Gozzano.

L’argomento è lo stesso: signore che mangiano paste alla pasticceria. Il tono, estremamente diverso. Lo stile, pure.


Come sempre, nichilista ed acidissimo Cèline, sognante e delicato Gozzano.
Un interessante parallelismo temporale e di soggetto unisce i due brani. Due stili ironici a confronto.

 

Louis-Ferdinand Céline, da “Viaggio al Termine della Notte”

 “[…] Era anche l’opinione dell’altra ragazza del negozio. Da lì una controversia appassionata fra tutte le commesse. Nel mio angolo, per non disturbarle, avevo un bell’ingozzarmi senza interromperle, bignè alla crema e crostate, che finivano in cavalleria, nella speranza che loro riuscissero più in fretta a risolvere quei delicati problemi di precedenze familiari, quelle non ne uscivano. Non veniva fuor niente. La loro impotenza speculativa le obbligava a odiare senza alcuna chiarezza. Scoppiavano d’illogicità, vanità e ignoranza le signorine del negozio, e si stranivano soffiandosi mille ingiurie.

Restavo malgrado tutto affascinato dal loro sconforto meschino. Attaccai i babà. Non li contavo più i babà. Loro nemmeno. Speravo proprio di non dovermene andare prima che fossero arrivate a una conclusione… La passione le rendeva sorde e poi presto mute al mio fianco.

A secco di veleno, contratte, si trattenevano al riparo del banco delle paste, ciascuna d’esse invincibile, chiusa e risentita a ruminare di “metterla giù” ancora più dura, di tirar fuori alla prossima occasione e con maggior prontezza di stavolta le stupidaggini rabbiose e offensive che potevano conoscere sul conto della compagna. Occasione che d’altronde non sarebbe tardata, che loro avrebbero provocato… Cascami d argomenti all’assalto del nulla. Avevo finito per sedermi perché loro mi stordissero meglio ancora col rumore incessante delle parole, intenzioni di pensieri come in riva a un fiume quando le piccole onde di passioni incessanti non riescono mai ad organizzarsi…

Uno ascolta, aspetta, spera, qui, là, in treno, al caffè, per strada, in salotto, dalla portinaia, uno ascolta, aspetta che la cattiveria si organizzi, come in guerra, ma è solo un agitarsi e non accade nulla, mai, né da loro povere ragazze, né dagli altri. Nessuno viene ad aiutarci. Un enorme cicaleccio si distende grigio e monotono sopra la vita come un miraggio tremendamente scoraggiante. Entrarono due signore e il banale incanto della conversazione inconcludente che aleggiava tra me e le signorine ne fu incrinato. Le clienti furono oggetto dell’immediata sollecitudine dell’intero personale. Si precipitarono a esaudire i loro ordini e i loro minimi desideri. Qua e là, quelle si misero a scegliere, piluccarono pasticcini e torte da portar via. Al momento di pagare si sdilinquirono ancora in gentilezze e vollero assolutamente offrirsi l’un l’altra delle sfoglie da sgranocchiare “su due piedi”.

Spoiler: Linguaggio forte SelezionaMostra

Guido Gozzano, “Le Golose”

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!

Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.

C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.

L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.

un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.

Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,

di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.


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