Gottfried Benn – Morgue – Estratti ( Italiano )


Gottfried Benn (Mansfeld, 2 maggio 1886 – Berlino, 7 luglio 1956) è stato un poeta, scrittore, saggista e medico patologo tedesco.

Così come per Louis-Ferdinand Cèline, la sua vita è stata un’alternarsi di letteratura e medicina.

 

La sua prima raccolta poetica, “Morgue” ( obitorio ) è composta da una serie di canti a sfondo per gran parte medico, e descrive sia la sua attività di medico chirurgo che quella di medico patologo, oltre a parlare di temi più comuni nel mondo della poesia.

Autore forse sottovalutato a causa del suo breve legame col nazismo ( dal quale si allontanò molto presto ), Gottfried Benn è un poeta duro, freddo, ma che nasconde, per chi sa leggere tra le righe, una grande umanità.

Riguardo all’arte in generale egli ha scritto:

[L’artista] è freddo, la sua materia deve essere mantenuta fredda, egli infatti deve dare forma all’idea, alle ebbrezze cui gli altri possono umanamente abbandonarsi […]. È cinico e sostiene di non essere altro, mentre gli idealisti siedono fra gli uomini di cultura e le classi produttive.

– Gottfried Benn, “Doppia Vita”

Per quanto riguarda la poesia Benn è un autore che da molti potrebbe essere considerato macabro per il gusto di esserlo:

“Appendice” [da Morgue]

Tutto è bianco e pronto a tagliare.
I coltelli vaporano. Il ventre è spennellato.
Qualcosa, tra i bianchi panni, che mugola.

<<Signor Commendatore, ci siamo>>.

Il primo squarcio. Come si trinciasse pane.
<<Pinze!>> Schizza del rosso.
Più a fondo. I muscoli: acquosi, luccicanti, freschi.
C’è un mazzo di rose sul tavolo?

E’ il marcio a sprizzare qui?
Scalfito forse l’intestino?
<<Dottore, se lei sta nella luce
non c’è diavolo che possa vedere il peritoneo.
Narcosi, non posso operare,
quest’uomo va a passeggio col suo ventre>>.

Silenzio, tetro madido. Nel vuoto lo stridore d’una forbice caduta sul pavimento.
E la suora con angelico cuore
porge tamponi sterili.

<<Non posso trovar nulla in questa merda!>>
<<Il sangue si fa nero. Via la maschera!>>
<<Ma – Dio del cielo – mio caro,
basta che tenga più fermi i divaricatori!>>

Tutte aderenze. Agguantata, finalmente!
<<Cauterio, sorella!>> Sfrigola.
Ancora una volta hai avuto fortuna, figliolo.
Ci mancava poco alla perforazione.
<<Vede quella macchiolina verde?
Tre ore soltanto e il ventre zeppo di merda>>

Chiudere pancia, chiudere pelle. <<Cerotti qua!
Buongiorno a lor signori>>.

La sala si vuota.
Furibonda scricchia e digrigna le ganasce
la morte e sguscia nei padiglioni del cancro.

Quello che a prima vista potrebbe essere considerato un componimento freddo e macabro nasconde invece una grande umanità: mostra il Dottore, eroe dei nostri tempi, che lottando contro la malattia e la forza entropica dell’universo, che tutto vorrebbe trascinare nel suo caos, riporta ordine e vita, scacciando la morte.

  […] La sala si vuota.
Furibonda scricchia e digrigna le ganasce
la morte e sguscia nei padiglioni del cancro.

La morte è vista come una bieca predatrice che è costretta a cercarsi una diversa vittima.

Il Dottor Gottfried però non era un poeta “di genere”. Era capace anche di slanci lirici notevoli, che a mio avviso lo portano vicino a quello che potrebbe essere un “Montale Tedesco”, come si evince da questo componimento, intitolato “Minaccia”:

“Minaccia” [ Da Morgue ]

Ma sappi:
giorni di bestia vivo. Un’ora sono d’acqua.
Ghiotto di sonno il mio ciglio a sera come selva e cielo.
Solo poco sa il mio amore parole:
è così bello accanto al sangue tuo.

O da questo, a mio avviso bellissimo lavoro, che apre Morgue e si intitola “Campi dei non beati”:

“Campi dei non beati” [ da Morgue ]

Sazio son io della mia sete d’isole,
del morto verde, dei muti greggi;
divenire voglio una riva, un piccolo golfo,
un porto di belle navi.

Da uomini vivi con caldi piedi
percorsa vuol sentirsi la mia spiaggia;
in bramosia d’offerta la sorgente
morrnora e a gole vuol dar refrigerio.

E tutto in sangue estraneo vuol levarsi
e in un diverso fiammeggiar di vita
annegare il suo anelito
e restare in se stesso nulla vuole.

 


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